Nel comune di Fiumicino rientra quest’isola, estesa per 12 km², formatasi sul Tevere grazie ai depositi alluvionali del fiume. I Romani la chiamarono “insula Portus” o “insula portuensis” per la vicinanza con la cittadina di Porto. A partire dal Medioevo fu definita sacra per la presenza di una vasta necropoli portata alla luce dall’archeologo Guido Calza negli anni Venti e Trenta del Novecento. La necropoli oggi visitabile e perfettamente conservata custodisce circa trecento tombe di commercianti, piccoli imprenditori, liberti, ma anche schiavi impiegati nelle vicine attività portuali.
La visita di questo luogo è molto singolare poiché aggirandosi tra le tombe semplici e monumentali si ha l’impressione di camminare in una città parallela, con gli edifici funerari raggruppati in piccoli isolati, separati da aree verdi o sentieri. Il sito funerario, uno dei meglio conservati del territorio di Roma, consente di conoscere lo spaccato della società di Portus, con mestieri, status sociale, ma anche legami, sentimenti e tradizioni dei defunti.
Le tombe più diffuse sono quelle familiari, a due piani e con pianta quadrata e volte a botte o terrazzo piatto e pavimento in mosaico. Molte sono poi le nicchie create lungo le pareti di laterizi ed adatte ad accogliere le urne cinerarie. Sono presenti quasi sempre stucchi, pitture parietali o iscrizioni, in latino o greco, che riportano il nome del proprietario e ne raccontano particolari in vita.
Il visitatore attento potrà vedere la tomba dell’ostetrica Scribonia Attice che assiste una partoriene, o di Marco Ulpio Amerimno, probabilmente un chirurgo, rappresentato nell’atto di operare alla gamba un paziente. La bella tomba della Mietitura conserva invece un pavimento a mosaico, con scene di mietitura che rimandano sicuramente al mestiere dei proprietari. Sono poi rappresentati altri lavoratori come fabbri, mugnai, barcaioli, calzolai e persino un venditore di acqua o forse un fabbricante d’anfore raffigurato mentre regge con la mano sinistra un grosso recipiente.